I campi sono lino lavato,
stirato e levigato attraverso la valle,
nascosto sotto le mura per il conforto delle pecore,
panni verdi puliti che il velo
il disordine dei giorni passati
quando la veccia distende i suoi viticci sfrenati
combattendo a caso con irrigatori di fiori
da olmaria; quando brilla
dallo sputo del cuculo scintillava
macchie sul gambo dei pettirossi;
quando era diverso; quando i ranuncoli sono stati avvistati
prati filari e chiurli pendevano singhiozzando
mentre i contadini avvelenavano la folla,
ha arato l’ordito ed erpicato la trama.
Fame di bombi. Non ci sono angoli per i tritoni.
Una casa di paglia su cui galleggiava una volta rideva
ora lavata di profumo e pressata,
monocoltura in segale perenne.
Una marcata mancanza di arte
in colorante chimico verde.
mi manca la fertilità cruda,
bella schiuma sciatta,
eruzioni di colore e fantasie manifeste
dai fiori di campo che riempivano le aiuole
tra colline, pianure
e pascoli imperfetti dove la carne
la natura ha depositato macchie sgradevoli.
Il mio desiderio ora è per la correzione:
Voglio che questi tessuti siano sporchi,
cosparso di chiazze di fiori di cuculo,
imbrattato di foglie di mucca, trifoglio rosso insanguinato,
radicato nello strato sotterraneo.
Prendiamoci cura di questa morbidezza.
Facciamo una fioraia impossibile.
Restituisci l’abbandono. Riporta la maleducazione.
Riaccendi la tua passione!