In “Deep Time” di David Darling ***

Darling si propone di scrivere la storia dell’universo dall’inizio alla fine, in cui l’uomo in questa storia è solo un punto. Anche così, l’uomo finisce per giocare un ruolo molto più importante di quello che forse il tempo stesso merita, perché, dopotutto, siamo noi a leggere, scrivere e teorizzare questa storia.

Partiamo dal big bang, un evento per il quale non sembra esserci una logica causa prima. I capitoli seguenti si concentrano su una particella, come nasce e si fa strada in questo universo nascente. Darling sottolinea quanto accade in quei primi secondi, ma come, in un certo senso, a causa di ciò, il tempo è davvero diverso a questo punto, dove le cose sono così condensate.

Darling fa del suo meglio per mantenere le cose semplici. Sfortunatamente, scrivere di un periodo di tempo così ampio in un’opera così breve significa che c’è una certa lucentezza nell’insieme, una sfocatura, tale che a volte mi sono ritrovato a perdere la concentrazione. Non mi ha aiutato a leggere il lavoro online come un e-book. Penso che leggere su carta stampata, impiegando un po’ più di tempo ed essendo un po’ più comodo, avrebbe migliorato l’esperienza di lettura e quindi il libro.

Mentre Darling ammette che l’universo sembra aver bisogno di una sorta di legge fisica affinché i componenti funzionino nel modo in cui funzionano, affinché gli aspetti positivi e negativi esistano e si attraggano a vicenda, mantiene per lo più una visione naturalistica di tutto. Quando finalmente arriviamo alla Terra e alla formazione della vita, ci viene raccontata la storia del brodo primordiale da cui scaturisce la vita. E poi, in un batter d’occhio, vediamo emergere l’uomo.

Dopo che l’uomo è apparso, Darling passa la maggior parte del resto del libro a parlare dell’astronave Voyager, mentre vaga fuori dalla galassia e nell’universo più ampio. Cosa gli succede con il passare degli anni e mentre l’universo stesso continua ad espandersi. Alla fine, le stelle iniziano a svanire. Alcuni buchi neri inghiottono vaste aree dell’universo, ma ancora altre parti continuano a vagare senza meta, allontanandosi dai loro soli e centri, fino a quando anch’essi si disgregano e ritornano al loro stato particellare.

Un’altra opzione, quella ora meno popolare, è esplorata anche da Darling, che l’universo non si espande mai, che è limitato, come un pallone, e quindi a un certo punto inizia a contrarsi. Questa idea ha la capacità di attenzione più breve.

Darling termina con una spinta verso la filosofia orientale, ma con un taglio occidentale. Ipotizza quanto lui stesso potrebbe cambiare l’universo, tanto più che l’osservatore non è mai veramente separato dall’osservato. Siamo parte dell’universo stesso. La nostra mente è la mente universale. Sembra una nota felice per andare avanti, anche se l’immagine di stelle morte che vagano e si disintegrano aggiungono all’infinito è un futuro piuttosto triste da guardare.

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