Tra le rovine della pulizia della casa,
il viso si contorce in un occhio di vetro rotto.
Dipinto su intonaco e pino bianco settentrionale,
le vecchie ciglia acriliche fanno il trucco.
Avvistato come un’estate tempestosa,
i fianchi consumati e consumati tremano nella polvere.
Una coccarda strappata da una festa dimenticata
appeso per la sua criniera, logoro e sbiadito.
Suoni familiari risuonano nella stanza:
lo scricchiolio ritmico di oscillazioni oscure,
la gioia abbandonata delle risate dei bambini,
sollecitando la velocità con urla vertiginose.
Ricordi rinchiusi in legno splendidamente stagionato,
mentre le dita tracciano le parole scolpite nell’ottone,
ricongiungere il nome del padre nella base del dono,
venduto e perso negli ultimi giorni di gennaio;
l’origine quarantennale del progetto definitivo
documentato in una serie di polaroid nelle bisacce.
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