UN REQUIEM PER I FUOCHI ZOMBIE CHE STANNO PERFORANDO IL CERCHIO ARCICO

Daniele Brennan

Mentre la maggior parte degli incendi brucia all’aperto, un’altra forma di fuoco artico è più difficile da rilevare. I cosiddetti fuochi di zombi possono covare nella torba sotto la superficie ghiacciata dell’Artico durante i mesi invernali. Quando arriva la primavera, gli incendi riaccendono la vegetazione superficiale, emettendo anidride carbonica dalla vegetazione e dalla torba, che è un deposito naturale di anidride carbonica. Un rapporto degli scienziati del clima conclude che l’aumento del numero di questi incendi boschivi in ​​letargo è direttamente correlato al cambiamento climatico. —Forum economico mondiale11 gennaio 2023 Foto: L’incendio di Bogus Creek nello Yukon Delta National Wildlife Refuge in Alaska, uno stato in cui la stragrande maggioranza delle emissioni di carbonio degli incendi proviene dal suolo in fiamme. Credito: Matt Snyder/Alaska Division of Forestry, via Associated Press via Il New York Times.

Avremmo dovuto intuirlo dal profumo grigio e contorto

raggiungere dalla tomba temporanea che tutte le cose buone

Sii affamato Bellezza terribile; tenendo un occhio aperto

nel sonno più freddo, vigilando su Dio stesso.

Benedetta sia la terra che si spacca come vecchia pelle sotto

il nostro sole, la terra che trema di brina da mangiare

vivo con lo stomaco in ebollizione. Beata era la terra che

presenta una mano con unghie nere protese verso il cielo

mentre il terreno si ammorbidisce, mentre apre i suoi seni per rivelarli

ogni gemma di fuoco che pensavamo fosse persa per l’inverno.

I non credenti ti diranno che non può essere così.

Ti diranno che questi nuovi dei, bruciano giustamente

sotto le labbra, lamina e pieghe della mente, dovrebbe

escono di notte come hanno fatto per millenni.

Ma le divinità più affamate trovano il paradiso. queste,

le mie mani peccaminose, le mani che tenevano in forma lo sporco

di uomini soli e uomini che strisciano nel profondo

la loro sporcizia del cimitero, le mani che hanno trovato tutti gli altri mancanti

un angelo nei corridoi bui della notte tra corpi alti

ed esaltazione, quelle mani devono essere giunte in preghiera inchinata

per qualcuno, per qualcosa. Trova un significato nei post,

la neve scrostata che copriva la maschera rossa della morte.

Trova Dio in un inferno furioso che affetta i nutrienti

terreno fertile, urla al cielo, ci fa credere

nella vita eterna, perché quelle fiamme non muoiono, dormono soltanto.

Sia benedetta questa nuova generazione di discepoli, apostoli, apoteosi

in una cornice congelata. Devono imparare ad adorare la terra che

non può tenere i suoi sogni infuocati sotto una sciarpa scura

di roccia e radice e neve e seme. Ereditiamo

la terra che si divora, l’elogio senza fine sotto la nostra pira funeraria.

Daniele Brennan (lui/lei) risiede a New York, ma è cresciuto nelle Blue Ridge Mountains della Pennsylvania (che alla fine servono come fonte mirata di ispirazione basata sull’ecologia). Come membro della comunità LGBTQ+, il lavoro di Brennan mira a catturare sia l’enormità che proviamo di fronte al nostro pianeta in continua evoluzione, mentre affrontiamo i nostri stessi corpi, sia i terrificanti elementi di intimità che sperimentiamo ogni giorno. Il suo lavoro è apparso in CP Quarterly, Grand Little Things, Feral Poetrycon lavori imminenti in Panoramica del lago Garfield. Attualmente vive a Manhattan e lavora a tempo pieno nella pubblicità.

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *